giovedì 31 gennaio 2008

"La réalité n'a jamais été pour moi
un pretexte pour faire des ouvres d'art,
plutot l'art un moyen nécessaire
pour me rendre un peu mieux compte de ce que je vois"

Alberto Giacometti
L'altro giorno sfogliavo il piccolo catalogo che ho comprato a Parigi dopo aver visto, estasiata, la mostra su Alberto Giacometti al Centre Pompidou.
Questa sua frase mi è sempre piaciuta tantissimo, come mi hanno affascinato i suoi scritti, i quali rispecchiano perfettamente la sua arte asciutta e scarna, la copia del residuo di una visione.
Che io pensi che l'arte sia un mezzo per vedere, lo avrete capito: la capacità tutta particolare di questo artista di rappresentare cosa vedeva mi ha sempre affascinato.
Perchè non ci riusciva.
La sua potrebbe essere definità un'arte epifanica: appare all'improvviso e pure scompare un attimo dopo. Non hai neanche il tempo di metterla a fuoco perchè è sempre sull'orlo di un'imminente smaterializzazione.
Il punto per lui è che la vita si propone in immagini ma nessuna immagine sarà mai in grado di rappresentare la vita. E se ci pensiamo bene è davvero così...
Giacometti però non si scoraggia, lancia una sfida alle sue smilze figurine come Michelangelo la lanciò ai suoi colossi di marmo, interroga la realtà senza volerla definire, cerca di plasmarla, di afferrarla ma, caspita quant'è difficile..le sfugge sempre. Perchè la vita non si lascia mai mettere in forma (quante volte ci proviamo?) ma genera delle forme: e più lui tentava di raggiungerla più questa si riduceva.
La sua arte è un tentativo, l'opera impossibile, un'arte votata alla morte ma in nome della vita.
Tenta di riprodurre qualcosa di visibile, che però come un bambino dispettoso, scappa sempre, arretra, "dimagrisce" e l'unica cosa che rimane è...un quasi niente. E' pazzesco se ci pensate, rimane l'invisibile...perchè l'unica cosa che si può possedere, per Giacometti, rimane solo l'apparenza.
Nelle sue lettere si legge: "Quando guardo una cosa la vedo come se sparisse, ricomparisse, ritornasse, perchè la sua proiezione nel mio cervello è dubbia o parziale e quindi ciò che vedo si trova sempre tra l'essere e il non essere. La dimensione naturale non esiste più."
Può suonare tutto un po' complicato, cmq l'unica cosa che volevo dire è il perchè mi affascina un artista come lui: al di là delle solite fuorivianti etichette (astrattista? surrealista?) Giacometti ha fatto arte per la sua voglia di sensazioni, non ha mai pensato che potesse avere una vocazione, se vogliamo sociale, lo ha fatto solo per sentire il mondo più intensamente, per dilatare le capacità di esplorarlo.
Egoisticamente parlando, esiste una motivazione più nobile di questa?

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